
Caratteristiche psicometriche del MMPI-2 e del MMPI-2-RF
Il MMPI-2 e il MMPI-2-RF si basano su modelli empirici, il cui criterio è definito “metodo orientato al criterio” (Caporale & Vecchioni, 2013). Tale criterio, secondo Graham e Lilly (1984), rende la sua interpretazione maggiormente accurata rispetto a quanto riscontrato con il reattivo di Rorschach. Tuttavia, uno dei punti deboli di questo strumento risiede proprio nella validità, in quanto non sono stati osservati alti livelli di consistenza interna (Graham, 1999). Studi empirici hanno osservato una sovrapposizione di punteggio tra varie scale, con correlazioni che vanno dal .64 al .87 (Butcher et al., 1989; Groth-Marnat, 2009). In campioni psichiatrici tale fenomeno risulta essere ancora più marcato, dimostrando una scarsa validità discriminante (Tellegen et al., 2003). I dati riscontrati per la prima versione del MMPI sono sovrapponibili con il MMPI-2 in quanto le correlazioni tra i punteggi delle scale cliniche hanno un valore del .98 (Graham, 1999).
Allo stesso modo anche la validità di costrutto riporta delle debolezze. Per fare un esempio, la scala Pd è di difficile interpretazione in quanto estremamente eterogenea nel contenuto (Sellbom et al., 2005), così come la scala Mf che oggi è tra le più discusse. Hy è molto sensibile alle variabili sesso e cultura, mentre la scala D mostra spesso punteggi elevati in persone anziane perché valuta l’insoddisfazione per il presente e la sfiducia nel futuro (Sellbom et al.,2005). Numerosi lavori hanno inoltre messo in luce le limitate capacità di questo strumento di associare il codice emerso dalla compilazione del test con la reale appartenenza ad un gruppo clinico (Goldberg 1969; Dahlstrom, 1992a, 1992b; Tellegen & Ben-Porath, 1993), l’interpretazione di questi codici può rivelare una sostanziale eterogeneità sintomatologica e comportamentale (Butcher et al., 1995). Il passaggio dal MMPI-2 al MMPI-2-RF ha portato miglioramenti in merito alla validità (Ben-Porath & Tellegen, 2008).
Per quanto riguarda l’attendibilità alcuni autori sostengono che sia insufficiente (Boncori, 2006). A tal proposito Butcher e colleghi (1989) hanno indagato la validità test-retest dell’MMPI-2. In questo lavoro sono stati calcolati i coefficienti di correlazione tra i punteggi ottenuti sul campione normativo le cui due somministrazioni sono state effettuate a distanza di una settimana. Si osservano correlazioni comprese tra .66 per la scala Pa e .92 per la scala Si. Questi dati sono confermati da studi successivi i quali confrontano tempistiche test-retest differenti (Butcher et al., 1989; Matz et al., 1992; Spiro et al., 1993; Ryan et al., 1995; Putnam & Kurz., 1996).
In conclusione, una meta-analisi di Vacha-haase e colleghi (2001) ha valutato l’attendibilità test-retest considerando un numero di 153 articoli pubblicati. Dai dati è emerso che l’attendibilità si aggira tra .80 e .85 se il tempo tra le due somministrazioni è di un giorno, tra .70 e .80 se sale a due settimane, e di .35 e .60 se è di un anno. In generale, l’attendibilità del MMPI-2 è in relazione alla latenza di tempo che intercorre tra la prima e la seconda compilazione del questionario.
Allo stesso modo anche la validità di costrutto riporta delle debolezze. Per fare un esempio, la scala Pd è di difficile interpretazione in quanto estremamente eterogenea nel contenuto (Sellbom et al., 2005), così come la scala Mf che oggi è tra le più discusse. Hy è molto sensibile alle variabili sesso e cultura, mentre la scala D mostra spesso punteggi elevati in persone anziane perché valuta l’insoddisfazione per il presente e la sfiducia nel futuro (Sellbom et al.,2005). Numerosi lavori hanno inoltre messo in luce le limitate capacità di questo strumento di associare il codice emerso dalla compilazione del test con la reale appartenenza ad un gruppo clinico (Goldberg 1969; Dahlstrom, 1992a, 1992b; Tellegen & Ben-Porath, 1993), l’interpretazione di questi codici può rivelare una sostanziale eterogeneità sintomatologica e comportamentale (Butcher et al., 1995). Il passaggio dal MMPI-2 al MMPI-2-RF ha portato miglioramenti in merito alla validità (Ben-Porath & Tellegen, 2008).
Per quanto riguarda l’attendibilità alcuni autori sostengono che sia insufficiente (Boncori, 2006). A tal proposito Butcher e colleghi (1989) hanno indagato la validità test-retest dell’MMPI-2. In questo lavoro sono stati calcolati i coefficienti di correlazione tra i punteggi ottenuti sul campione normativo le cui due somministrazioni sono state effettuate a distanza di una settimana. Si osservano correlazioni comprese tra .66 per la scala Pa e .92 per la scala Si. Questi dati sono confermati da studi successivi i quali confrontano tempistiche test-retest differenti (Butcher et al., 1989; Matz et al., 1992; Spiro et al., 1993; Ryan et al., 1995; Putnam & Kurz., 1996).
In conclusione, una meta-analisi di Vacha-haase e colleghi (2001) ha valutato l’attendibilità test-retest considerando un numero di 153 articoli pubblicati. Dai dati è emerso che l’attendibilità si aggira tra .80 e .85 se il tempo tra le due somministrazioni è di un giorno, tra .70 e .80 se sale a due settimane, e di .35 e .60 se è di un anno. In generale, l’attendibilità del MMPI-2 è in relazione alla latenza di tempo che intercorre tra la prima e la seconda compilazione del questionario.
Dott. Davide Bertelloni
Psicologo, Life Coach e Scrittore Lavoro per tirare fuori dalle persone il loro potenziale nascosto, ciò che hanno ma che non credono di avere!
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