
Come la Meditazione modula il Default Mode Network e riduce il vagabondaggio mentale
Il Default Mode Network (DMN) è stato descritto come una rete predefinita comprendente aree cerebrali interagenti che risultano importanti per i processi autoreferenziali (es. memoria autobiografica, riflessione sul sé…) (Raichle et al., 2001). Più semplicemente, il DMN sembra attivarsi in uno stato di veglia dove la persona è focalizzata sul mondo interiore (pensa a sé stesso o agli altri, ricorda il passato o pianifica il futuro). Esso è alla base del pensiero spontaneo e del vagabondaggio mentale, inoltre è impegnato in compiti come la mentalizzazione interna, teoria della mente, pensiero improntato sul futuro e processi decisionali emotivi (Buckner et al., 2008; Spreng et al., 2009; Buckner et al., 2008), nel pensiero creativo, nel problem-solving, (Baird et al., 2012; Ellamil et al., 2012) e nella ruminazione depressiva (Berman et al., 2011). L’interesse verso la definizione dei correlati neurali sottostanti a questa importante rete ha smosso neuroscienziati cognitivi di tutto il mondo, in quanto tali processi di pensiero sembrano giocare un ruolo fondamentale in persone affette da patologie quali: depressione, ansia e schizofrenia (Whitfield-Gabrieli & Ford, 2012), disturbo da stress post-traumatico (Ehlers et al., 2004; Nolen-Hoeksema, 2000), ma anche ADHD e malattia di Alzheimer (Castellanos et al., 2008; Whitfield-Gabrieli & Ford, 2012). Un aumento dell’attività del DMN può quindi inferire negativamente sulle prestazioni cognitive, mentre una sua ridotta attività ne comporterebbe un miglioramento (Anticevic et al., 2012). Per queste ragioni, poiché l’allenamento della consapevolezza ha mostrato molteplici evidenze cliniche, è possibile ipotizzare che il meccanismo neurale sul quale vertono i benefici delle pratiche meditative possa agire attraverso la modulazione dell’attività del DMN (Garrison et al., 2015).
Molteplici lavori hanno indagato i correlati neuro-funzionali del DMN. In particolare, in uno studio fMRI di Andrews-Hanna et al. (2010), al quale hanno partecipato 28 soggetti adulti, si è voluto analizzare quali aree sono alla base di questa rete predefinita. Sono state riscontrate attivazioni significative in 11 regioni cerebrali che possono essere suddivise in due sottosistemi. Il sistema dorsale mediale risulta attivarsi quando si chiede ai soggetti si pensare ad altre persone, mentre il sistema temporale mediale in compiti di memoria autobiografica e simulazione del futuro (Andrews-Hanna et al., 2014). Queste due reti interagiscono tra di loro grazie all’azione di un nucleo comune (Functional hubs) composto dalla corteccia prefrontale mediale anteriore (aMPFC) e dalla corteccia cingolata posteriore (PCC).
Functional hubs
- Corteccia Cingolata Posteriore (PCC) e Precuneo: queste aree consentono un’integrazione bottom-up tra l’attenzione e le informazioni provenienti da memoria e percezione
- Corteccia prefrontale mediale (mPFC): quest’area risulta coinvolta nella presa di decisioni inerenti ad informazioni personali, memorie autobiografiche, obiettivi ed eventi futuri
- Giro Angolare: quest’area risulta coinvolta nell’integrazione tra percezione, attenzione, cognizione e azione, inoltre permette il recupero di memorie episodiche
Sistema Dorsale Mediale
- Functional hubs: corteccia cingolata posteriore, corteccia prefrontale mediale e giro angolare
- Corteccia prefrontale dorso-mediale (dmPFC): regione importante per il pensiero sociale (es. determinare o inferire lo scopo delle azioni altrui)
- Giunzione temporale (TPJ): regione importante per la teoria della mente
- Corteccia temporale laterale (LTC): regione coinvolta nel recupero di conoscenze semantiche sociali
- Polo temporale anteriore (TempP): regione coinvolta nel recupero di informazioni concettuali astratte di natura sociale
Sistema Temporale Mediale
- Functional hubs: corteccia cingolata posteriore, corteccia prefrontale mediale e giro angolare
- Ippocampo (HF+): regione coinvolta nella formazione di nuove memorie, nel ricordo del passato e nell’immaginazione del futuro
- Paraippocampo (PHC): regione importante per il riconoscimento spaziale e la simulazione di scene
- Corteccia retrospleniale (RSC): regione importante per la navigazione nello spazio
- Lobo parietale posteriore inferiore (pIPL): regione coinvolta nell’integrazione di informazioni uditive, visive e somatosensoriali
A questo punto, dopo aver definito le aree implicate, è quindi possibile poter analizzare la modulazione del DMN successivamente all’applicazione di protocolli meditativi. È di fondamentale importanza sottolineare ancora una volta come le pratiche basate sulla consapevolezza puntano al mantenimento dell’attenzione su un oggetto target, insegnando a reindirizzare l’attenzione su di esso quando la mente inizia a vagare. Per questo motivo, Brewer et al. (2011) hanno messo a confronto tramite fMRI l’attività neurale di un gruppo di meditatori esperti e un gruppo di controllo impegnato in un semplice stato di riposo. Nei meditatori esperti è stato osservato, in relazione ai controlli, un minor vagabondaggio della mente, che correla con una minor attivazione nella corteccia cingolata posteriore/precuneo (PCC) e un pattern simile nella corteccia prefrontale mediale (mPFC), aree definite entrambe come nodi principali del DMN.
Concludendo, i dati sopra citati rafforzano l’ipotesi che alterazioni del DMN possano essere correlate all’aumento o riduzione del fenomeno di mind wandering (Fox et al., 2015), per cui l’attuazione di pratiche meditative potrebbe rivelarsi utile come strumento di modulazione di questo fenomeno.
Dott. Davide Bertelloni
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