
Cosa è la Meditazione Vipassana
La Meditazione Vipassana (VM) è invece tra le tecniche indiane di derivazione Buddista più antiche, e letteralmente significa “vedere le cose in profondità, come realmente sono”. La pratica di tale tecnica mira a rendere l’individuo un accurato osservatore dei propri pensieri e sensazioni corporee. Grazie all’osservazione dei contenuti dell’esperienza, siano essi piacevoli o spiacevoli, la VM ha come obiettivo l’accettazione non giudicante del momento presente. Il soggetto infatti attua una scansione attentiva delle sensazioni corporee, concomitante all’adozione di un atteggiamento distaccato e non reattivo verso qualsiasi sentimento e pensiero presentatosi alla coscienza (Cahn et al., 2010).
Ad oggi viene praticata in interventi standardizzati con ritiri della durata di 10 giorni, e il tempo impiegato per la meditazione può variare da 10 minuti al giorno per i novizi a qualche ora per gli esperti.
In ambito clinico, associata alla pratica della Meditazione Vipassana, si è individuata una significativa riduzione dell’uso di sostanze come cocaina, alcol e marijuana (Bowen et al., 2006), come riscontrato in seguito alla somministrazione a follow-up a 3 mesi del Daily Drinking Questionnaire (Collins et al., 1985) e del Daily Drug-Taking Questionnaire, strumenti psicometrici per la valutazione dell’assunzione giornaliera di alcolici e sostanze stupefacenti. L’interpretazione dei risultati suggerisce che il potenziale meccanismo d’azione possa essere l’accettazione dei pensieri, con la quale si attenuano l’evitamento esperienziale e le possibili conseguenze inerenti all’uso di tali sostanze.
Nella popolazione generale, invece, effetti benefici si osservano in termini di miglioramento delle strategie di coping, tolleranza verso fattori di stress e autostima, ma anche riduzione dell’impulsività (Chiesa, 2010). Inoltre si riscontra un aumento della consapevolezza viscerale che sembra essere associata ad un’aumentata coerenza nella risposta emotiva, la quale risulta maggiore in meditatori esperti rispetto a soggetti danzatori e al gruppo di controllo, proprio come riscontrato in un recente lavoro di Sze et al. (2010). La pratica Vipassana sembra quindi migliorare significativamente il benessere psicologico e psicosomatico soggettivi.
Lavori più recenti hanno inoltre fornito risultati preliminari su cambiamenti neurobiologici correlati alla pratica VM, in particolare associati a sessioni a lungo termine, ma sono ancora pochi i dati a disposizione. Nello specifico, in uno studio di risonanza magnetica di Lazar et al. (2005), è stato osservato come le regioni cerebrali associate all’attenzione, all’interpretazione e all’elaborazione sensoriale siano più spesse nei partecipanti alla meditazione rispetto ai controlli, inclusa la corteccia prefrontale. Riscontrato un aumento significativo della materia grigia nell’Ippocampo destro, coinvolto nella modulazione dell’eccitazione e reattività corticale, e dell’Insula anteriore destra, implicata nell’interocezione e nella consapevolezza viscerale. Infine, si è osservata una crescita della materia grigia nel Giro Temporale Inferiore Sinistro, la quale sembra essere predetta dalla quantità dell’allenamento. È possibile quindi notare come una ripetuta attivazione di specifiche aree cerebrali durante la pratica meditativa, possa definire un cambiamento a lunga durata nella struttura del cervello (Chiesa, 2010).
Dott. Davide Bertelloni
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