
Cosa è la Risonanza magnetica nucleare? A cosa serve?
L’uso di metodiche di neuroimaging consente l’acquisizione di informazioni anatomiche (sede ed estensione della lesione) e funzionali (flusso e metabolismo cerebrale regionale). I dati raccolti vengono messi in relazione con quanto riscontrato a livello clinico, per esempio durante l’esame neuropsicologico o neurologico. Una delle tecniche più usate è la Risonanza magnetica nucleare (MRI).
La MRI si basa sull’assunto che i nuclei degli atomi, se immersi in un campo magnetico e stimolati da onde radio, rilasciano parte dell’energia assorbita sotto forma di segnale. Il paziente viene quindi immerso in un potente campo magnetico nel quale gli isotopi endogeni dei tessuti e del liquido cerebro-spinale si allineano nell’orientamento longitudinale del campo stesso. L’applicazione di brevi impulsi radio nel campo magnetico modifica l’asse di allineamento degli atomi da longitudinale a traverso. Dopo la cessazione dell’impulso gli atomi tornano al loro allineamento originale e rilasciano l’energia radio precedentemente assorbita, determinando un segnale magnetico che verrà registrato da detettori specifici. Tale impulso, durante la sessione, sarà riproposto molte volte consentendo la creazione di immagini di contrasto tra vari tessuti.
La MRI ha un’ottima risoluzione spaziale. Consente infatti la creazione di immagini con una chiara visualizzazione dei solchi, circonvoluzioni e strutture cerebrali profonde, ricostruzione tridimensionale dell’encefalo ed eventuali lesioni. Evidenzia situazioni di atrofia selettiva tipiche di alcune forme di demenza. Inoltre, permette la ricostruzione in 3D di fasci di sostanza bianca. Parallelamente consente di cogliere segni precoci di ictus ischemico ed evidenziare regioni con ridotto flusso sanguigno delineando zone ischemiche in cui non c’è ancora stato infarto irreversibile.
L’apparecchiatura per eseguire esami con Risonanza magnetica nucleare è costituita da un grosso magnete a forma di tubo, nel quale i pazienti vengono inseriti all’interno a seconda della parte del corpo da esaminare. Tali macchinari negli ultimi anni hanno incontrato uno sviluppo considerevole, in quanto i magneti sono diventati sempre più piccoli, il buco d’entrata sempre più grande e sono state create alcune varianti non chiuse, bensì aperte.
Infine, questa metodica ha alcune controindicazioni. Non può infatti essere impiegata con pazienti che hanno incorporati nel corpo oggetti ferro-magnetici (come: pacemaker, pompe…), o che prendono stimolanti cardiaci o cerebrali. Inoltre, può causare disturbi d’ansia come claustrofobia.
Dott. Davide Bertelloni
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