
Cos’è la meditazione Zen? Come si pratica e qual’è la sua efficacia
La pratica meditativa Zen viene chiamata Zazen, letteralmente “seduti semplicemente”, e deriva dalla scuola Mahayana del buddismo che è principalmente praticata in Cina, Giappone e Corea. In essa il soggetto entra in uno stato di non-conoscenza, si concentra sull’esclusione di pensieri per interrompere i processi di ragionamento e raggiungere uno stato di coscienza elevato, convergendo quindi la percezione cosciente verso sé stesso. La mente viene liberata e svuotata per entrare in contato con gli stati più profondi instaurando una condizione di calma e di pace, profondo rilassamento e assoluto silenzio. Ai meditatori neofiti spesso viene proposta la tecnica del Su-soku, sempre proveniente dalla tradizione Zen, in cui si insegna ai praticanti a contare i propri respiri in modo da focalizzarvi l’attenzione. In seguito il conteggio viene omesso e i meditatori rimangono semplicemente consapevoli dell’esperienza presente (Chiesa, 2009).
Lo Zen è considerata una tecnica preventiva verso il declino cognitivo solitamente associato all’età e la sua pratica sembra correlare con attività antiossidanti. È stata infatti osservata, nelle cellule di meditatori Zen esperti, la presenza di telomeri significativamente più lunghi e percentuali più basse di telomeri corti rispetto al gruppo di confronto. I telomeri sono complessi di DNA e proteine posti nella parte finale dei cromosomi e consentono la replicazione del DNA e la stabilità cromosomica, regolando la degradazione della nucleasi, la fusione end-to-end e la senescenza cellulare. Essi sono associati all’età e sono predittori dell’insorgenza precoce di diverse malattie come: ipertensione e malattie cardiovascolari, aterosclerosi, diabete mellito di tipo 2, mortalità per cancro e demenza. Questo meccanismo sembra essere possibile grazie alla relazione tra la consapevolezza, che porta gli individui a sperimentare meno stress, ansia e depressione, e il livello di cortisolo che si crede associato all’attività telomerasica (Alda et al., 2016).
Da un punto di vista clinico si evince una riduzione dello stress ossidativo e della pressione sanguigna (Chiesa, 2009). Mentre a livello fisiologico si riscontra una regolazione del sistema nervoso autonomo (SNA) con modulazione della heart rate “HR”. L’analisi spettrale HR è un parametro variabile regolato dall’azione del SNA. Di tale parametro sono riconosciute 3 bande di frequenze, ovvero la high frequency (HF), la low frequency (LF) e la very low frequency (VLF). In particolare, la banda LF, con frequenze comprese tra 0.04 e 0.15 Hz, è principalmente dovuta al Sistema Nervoso Simpatico e all’attività di regolazione dei barocettori. Mentre HF, con range di frequenze tra 0.15 e 0.4 Hz, è espressione dell’attività del Sistema Nervoso Parasimpatico e del Nervo Vago, il suo principale stimolo ritmico è legato all’attività respiratoria. Nel nostro caso è stato dimostrato come la respirazione dello Zazen rientri nel range delle bande spettrali HR a bassa frequenza, la quale permane anche al di fuori del periodo meditativo (Fiorentini et al., 2013).
Degno di nota è un recente studio trasversale di Shaku et al. (2014), nel quale è stata valutata la qualità della vita (QOL), nonché la salute mentale generale dei partecipanti, in relazione alla pratica meditativa Zen nella popolazione giapponese. In particolare, il gruppo composto da meditatori esperti, i cui componenti praticavano lo Zen per un periodo superiore ai tre anni, ha riportato punteggi significativamente più alti nelle sette sottoscale del Questionario Sullo Stato di Salute (SF-36) (Fukuhara et al., 1998), rispetto agli altri gruppi presi in considerazione nei quali si considerava una pratica più limitata nel tempo, nello specifico inferiore ad un anno nel primo gruppo e tra uno e tre anni nel secondo gruppo. Inoltre, il gruppo di meditatori esperti ha riportato punteggi significativamente inferiori nelle sottoscale di somatizzazione, ansia, disfunzione sociale e depressione del General Health Questionnaire (GHQ) (De la Revilla Ahumada et al., 2004), test di screening per l’identificazione di disturbi psichiatrici minori nella popolazione generale, solitamente usato all’interno di contesti clinici di comunità non psichiatriche. Questi risultati suggeriscono che la formazione Zen migliora la QOL e la salute mentale dei praticanti, anche in ambienti difficili.
Dott. Davide Bertelloni
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