
Dialectical Behavior Therapy (DBT)
La Dialectical Behavior Therapy (DBT) è un trattamento ideato da Marsha M.Linehan, presso la University of Washington di Seattle (USA) che, inizialmente rivolto a donne ad alto rischio suicidario, è stato successivamente validato per il Disturbo Borderline di Personalità (Linehan, M. M., 1993), e poi esteso ad altre problematiche come uso di sostanze e Disturbi Alimentari. La DBT mira ad insegnare le abilità necessarie per ridurre i comportamenti disfunzionali e facilitare l’adozione di nuovi modelli comportamentali, emotivi e di pensiero (Linehan, M. M., 1993b).
In particolare, sono 4 i moduli affrontati. Per prima cosa le competenze di base sulla consapevolezza vengono incentrate su modalità che consentono il controllo attenzionale, quindi si insegnano strategie per la regolazione delle emozioni e con lo sviluppo di abilità di auto-efficacia si aiutano i soggetti a rispondere adeguatamente a richieste e conflitti interpersonali. Infine, lo sviluppo della tolleranza verso il proprio disagio favorisce l’identificazione di situazioni di crisi e di emozioni negative, comportando una migliore gestione dei comportamenti disfunzionali che, se attuati, porterebbero ad un significativo peggioramento della situazione instaurando un pericoloso circolo vizioso. Le modalità impiegate per lo skills training quindi si basano su: regolazione delle emozioni, tolleranza dell’angoscia, efficacia interpersonale e Mindfulness.
Tale approccio include varie possibilità di trattamento tra cui la terapia individuale settimanale, formazioni di gruppo, coaching telefonico, team meeting di consultazione e interventi collaterali (gruppo familiari, farmaci…). Queste componenti cercano di affrontare il deficit di competenze e stimolano la motivazione al cambiamento (Linehan, M. M., 1993b).
La DBT ha acquisito molta popolarità in quanto è avvalorata dalla presenza di protocolli diversificati ed empiricamente supportati per molteplici disturbi. È doveroso osservare come l’uso della DBT sia associato a miglioramenti in donne con Disturbo borderline di personalità che, in seguito a valutazioni a fine trattamento e al follow-up a 4 mesi, hanno riportato una riduzione dei sintomi suicidari e depressivi, controllo della rabbia nel tempo e una diminuzione della frequenza degli atti autolesionistici (Neacsiu et al., 2010). Miglioramenti nel funzionamento psicosociale globale sono stati osservati in un campione di criminali violenti con disabilità intellettiva con una pratica di 13 settimane, riportando un abbassamento dei livelli di rischio ed un aumento delle strategie di coping (Sakdalan et al., 2010). È stata riscontrata inoltre una riduzione delle ospedalizzazioni e degli appuntamenti ambulatoriali in un gruppo di soggetti con comportamenti parasuicidari (Sambrook et al., 2007), ma anche un’attenuazione di atteggiamenti aggressivi, impulsivi e a rischio, con conseguente aumento di azioni prosociali, in un campione con disabilità intellettiva (Valentine et al., 2015).
Per concludere, alcuni ricercatori sostengono che la DBT possa essere un trattamento efficace per affrontare sintomi da disregolazione emotiva e comportamenti disfunzionali ad essa associati, i quali sono alla base di svariati disturbi di salute mentale (Kring & Sloan, 2010). Tale tesi è avvalorata da un interessante lavoro di Shelton et al. (2011), nel quale, in seguito alla pratica Dialectical Behavioral Therapy-Corrections Modified (DBT-CM), si osservano significative evidenze nei sintomi affettivi positivi e negativi in popolazioni adulte, ed un miglioramento dei processi emotivi negativi nei più giovani.
Dott. Davide Bertelloni
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