
Mindfulness e regolazione emotiva: studi fMRI sull’efficacia delle pratiche meditative nell’interazione tra lobi frontali e sistema limbico
Letteralmente, la parola Mindfulness “mente piena” deriva dalla lingua Pali “Sati” e significa “attenzione consapevole”. Più in generale può essere definita come una particolare pratica meditativa, ma principalmente è una naturale capacità della mente umana che permette la gestione dello stress infondendo uno stato di rilassamento e di alterazione della coscienza come l’ipnosi, il training autogeno e il rilassamento progressivo (Vaitl et al., 2005). È quindi un’attitudine universale, uno stato caratterizzato da “potenza mentale”, in cui i fenomeni interni ed esterni vengono visti per ciò che sono, ovvero privi di sofferenza e di un sé intrinseco, e distaccati da possibili distorsioni cognitive (Rainone, 2012).
Il processo di Mindfulness sfocia nel concetto di consapevolezza ed è caratterizzato da uno stato di attenzione focalizzata (cioè orientata in modo esclusivo verso un determinato oggetto), rivolta al momento presente (che guarda all’esperienza che si sta vivendo nel qui ed ora) e non categorizzante (privo di catalogazioni e giudizi abituali) (Kabat-Zinn J., 2003). Insieme a questo, un’attitudine improntata verso curiosità, apertura e accettazione (Bishop, 2004), componenti indispensabili per relazionarsi con le proprie esperienze, lasciandole essere e lasciandole scorrere senza fare nulla per cambiarle, è parte integrante del processo.
Per raggiungere tale stato si richiedono calma e inattività comportamentale, da praticare solitamente in posizione seduta con gli occhi chiusi, in cui il soggetto adotta un tipo di concentrazione diretta ai contenuti che si presentano alla mente, tentando di mantenere un’attenzione focalizzata quando quest’ultima inizia a vagare, per mezzo di un’esplorazione attiva e curiosa. Ci consente quindi di divenire spettatori e di fare esperienza del proprio corpo, delle sensazioni che ci attraversano, dei pensieri e delle emozioni. È inevitabile sottolineare come queste capacità siano proprie di ciascun sistema neurale umano, quindi accessibili da qualunque persona in qualsiasi momento. Quasi come se la natura ci avesse fornito di funzioni innate che, se combinate insieme, ci consentono di accedere ad un sistema di auto-regolazione emotiva, cognitiva ed esperienziale.
Una fiorente letteratura volge il proprio interesse in merito alla relazione tra le pratiche Mindfulness e regolazione emotiva (Marchand, 2014). Molteplici evidenze empiriche sottolineano l’efficacia di tali tecniche in merito all’aumento dell’inibizione dell’ipereccitazione dell’amigdala resa possibile grazie al potenziamento della corteccia prefrontale. Uno scorretto equilibrio tra le strutture frontali ed il sistema limbico è infatti alla base dei principali disturbi dell’umore (come per esempio la depressione dove si riscontra un iperattivazione del sistema amigdaloideo).
Uno studio fMRI di J. Lutz et al. (2014), ha voluto indagare la reattività neurale in soggetti praticanti TM per una tempistica di otto settimane, i quali sono stati sottoposti ad un paradigma sperimentale in cui venivano messi al corrente della valenza, positiva o negativa, delle immagini a cui sarebbero stati sottoposti. In questo modo si voleva analizzare la capacità dell’individuo di modulare il proprio stato emotivo/fisiologico. L’analisi dei dati ha permesso di osservare nel gruppo sperimentale, durante l’attesa di stimoli potenzialmente negativi “sconosciuti” o sicuramente negativi, una maggiore attivazione nella corteccia prefrontale dorsomediale e in altre regioni prefrontali rispetto ai controlli. Inoltre, si è riscontrata una ridotta attività nelle aree coinvolte nell’elaborazione delle emozioni, quali amigdala destra, para-ippocampo e insula, durante la presentazione di stimoli negativi.
Parallelamente, un recente lavoro di Hölzel et al. (2013), ha voluto studiare le modificazioni dei meccanismi neurali associate a protocolli meditativi in pazienti con disturbo d’ansia generalizzato (GAD). Alla baseline tali soggetti hanno mostrato un’attivazione dell’amigdala superiore rispetto ai controlli in risposta a facce neutre, ma non arrabbiate, suggerendo che stimoli ambigui rivelano una maggiore reattività nei pazienti GAD. In seguito all’attuazione di un programma di riduzione dello stress basato su Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR) con un training di 8 settimane, si è però osservata una minor attivazione dell’amigdala in risposta a facce neutre, con conseguente aumento della risposta BOLD nella corteccia prefrontale ventro-laterale. Si può quindi affermare che la pratica della Mindfulness in soggetti con i GAD comporta cambiamenti nelle aree fronto-limbiche, cruciali per la regolazione delle emozioni, correlando con il miglioramento dei sintomi riportati.
Per concludere, un altro studio ha esaminato come un addestramento di Mindful Attention Training (MAT) con una durata di 8 settimane possa influenzare l’attivazione dell’amigdala in risposta a stimoli emotivi in soggetti in stato non meditativo. I partecipanti, adulti sani senza pregressa esperienza di meditazione, sono stati sottoposti ad esperimenti fMRI, prima e dopo l’intervento, durante i quali sono state presentate immagini con valenze emotive positive, negative e neutre, rimanendo in uno stato neutrale non meditativo. È emersa quindi una diminuzione dell’attivazione dell’amigdala destra nel gruppo sperimentale in risposta ad immagini di tutte le valenze in generale. Questo suggerisce che gli effetti delle pratiche di consapevolezza sulla regolazione emotiva potrebbero permanere alla conclusione del protocollo meditativo, avvalorando l’ipotesi che tali interventi abbiano azione diretta e specifica con conseguenti cambiamenti duraturi nelle funzioni mentali e nel comportamento (Desbordes et al., 2012).
BIBLIOGRAFIA
Bishop, S. R. (2004). Mindfulness: A Proposed Operational Definition. Clinical Psychology: Science and Practice, 11, 230–241.
Desbordes, G., Negi, L. T., Pace, T. W. W., Wallace, B. A., Raison, C. L., & Schwartz, E. L. (2012). Effects of mindful-attention and compassion meditation training on amygdala response to emotional stimuli in an ordinary, non-meditative state. Frontiers in Human Neuroscience, 6, 292.
Hölzel, B. K., Hoge, E. A., Greve, D. N., Gard, T., Creswell, J. D., Brown, K. W., … Lazar, S. W. (2013). Neural mechanisms of symptom improvements in generalized anxiety disorder following mindfulness training. NeuroImage. Clinical, 2, 448–458.
Kabat-Zinn J. (2003). Mindfulness-based interventions in context: Past, present, and future. Am Psychol Assoc, 10, 144–56.
Lutz, J., Herwig, U., Opialla, S., Hittmeyer, A., Jäncke, L., Rufer, M., … Brühl, A. B. (2014). Mindfulness and emotion regulation–an fMRI study. Social Cognitive and Affective Neuroscience, 9, 776–785.
Marchand, W. R. (2014). Neural mechanisms of mindfulness and meditation: Evidence from neuroimaging studies. World Journal of Radiology, 6, 471–479.
Rainone, A. (2012). La Mindfulness. Il non fare, l’accettare e il fare consapevole. Cognitivismo Clinico, 9, 135–150.
Vaitl, D., Birbaumer, N., Gruzelier, J., Jamieson, G. A., Kotchoubey, B., Kübler, A., … Weiss, T. (2005). Psychobiology of altered states of consciousness. Psychological Bulletin, 131, 98–127.
Dott. Davide Bertelloni
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