
Neuroanatomia delle tecniche di meditazione: come la pratica modifica il substrato neuronale
Un crescente numero di studi empirici suggerisce che la meditazione è associata, oltre a modificazioni strutturali, anche a cambiamenti nella funzione cerebrale (Cahn & Polich, 2006). Tuttavia, sono ancora pochi i lavori che hanno tentato di confrontare le principali evidenze neurofisiologiche riscontrate nelle diverse pratiche meditative. In una recente meta-analisi di Fox et al. (2016), si è voluto approfondire il problema mettendo in relazione 25 studi di neuroimaging funzionale, scelti su un totale di 78 campioni esaminati, con il fine di comprendere e confrontare i pattern di attivazione e disattivazione neurale sottostanti alle diverse tecniche esaminandone la grandezza degli effetti. Per prima cosa si è proceduto con la classificazione raggruppando i vari protocolli in quattro categorie di pratiche meditative: quelle rivolte all’attenzione focalizzata (Focused attention meditation), quelle basate sulla recitazione di un mantra (Mantra recitation meditation), quelle che coinvolgono il monitoraggio aperto degli eventi nel qui ed ora (Open monitoring meditation) e quelle dedicate alla compassione e all’amorevolezza (Loving-Kindness and compassion meditations).
La meditazione basata sulla focalizzazione dell’attenzione implica dirigere l’attenzione su un oggetto specifico (come per esempio il respiro) escludendo temporaneamente dal campo di coscienza tutte le altre potenziali fonti di disturbo (pensieri e stimoli esterni) (Lutz, Slagter, et al., 2008). All’interno di questa categoria avremmo dovuto trovare anche le pratiche che sfruttano la recitazione di un mantra, tra le quali la più diffusa è la Meditazione Trascendentale, tuttavia è stato deciso di esaminarle separatamente in quanto sono stati riscontrati correlati neurali differenti (Tomasino et al., 2012). Le tecniche improntate sul monitoraggio aperto invece puntano all’instaurazione di un atteggiamento aperto nel momento presente, promuovendo l’accettazione e l’osservazione imparziale dei contenuti mentali senza opporvi resistenza. Questa condizione mentale comporta una maggiore consapevolezza centrata sull’esperienza soggettiva di mente e corpo. Infine, le meditazioni di amore e compassione mirano ad approfondire i sentimenti di gentilezza, amore e gioia, prima rivolti verso sé stessi poi estesi ad altri individui (Harvey, 2013). Si promuovono atteggiamenti compassionevoli tramite l’immaginazione della sofferenza fisica e/o psicologica di persone amate e dell’umanità (A. Lutz, Brefczynski-Lewis, et al., 2008).
A questo punto, in seguito ad un accurato processo di inclusione ed esclusione dei vari studi presi in considerazione, è stato usato un metodo meta-analitico quantitativo noto come “stima della probabilità di attivazione”. Di seguito i risultati riscontrati suddivisi per ciascuna categoria.
Meditazione di attenzione focalizzata
Nelle pratiche di meditazione con attenzione focalizzata sono stati riscontrati due cluster di attivazione significativi, entrambi presenti nella corteccia prefrontale, associati alla regolazione volontaria di pensiero e azione:
Osservati inoltre cluster leggermente sotto-soglia nell’Insula sinistra (BA13) e nella corteccia prefrontale dorsolaterale (BA 8/9). Quest’ultima, congruentemente con le finalità della Focused attention meditation, risulta spesso attivata in studi che richiedono prestazioni di monitoraggio e regolazione volontaria di attenzione e comportamento (Dixon et al., 2014).
In aggiunta, sono state rilevate deattivazioni significative in due hub principali del Default Mode Network. Nella corteccia cingolata posteriore (BA31) e nel lobulo parietale inferiore di sinistra (BA 39). Queste regioni giocano un ruolo importante nella memoria episodica, nella simulazione di eventi futuri e nell’elaborazione concettuale.
Meditazione basata sulla recitazione di un mantra
Per quanto riguarda le meditazioni basate sulla recitazione di un mantra sono stati descritti sette cluster di attivazione:
- Corteccia prefrontale dorsolaterale posteriore (BA 6/8)
- Corteccia pre-supplementare motoria e corteccia supplementare motoria (BA 6)
- Putamen/ Globo pallido laterale
- Giro fusiforme (BA 20/36)
- Cuneo (BA18)
- Precuneo (BA7)
Coerentemente con gli obiettivi di tale meditazione si trovano attivate regioni coinvolte nella pianificazione ed esecuzione volontaria del movimento, nell’elaborazione visiva e di immagini mentali. Esse potrebbero essere alla base dell’inibizione dei movimenti indesiderati con conseguente facilitazione dell’esecuzione di quelli desiderati (come per esempio l’immaginazione di un comportamento motorio o la recitazione a voce alta).
Infine, sono state riportate deattivazioni nell’insula anteriore sinistra (BA13), regione implicata nell’elaborazione di segnali viscerali somatici, che potrebbe avere un ruolo nel mantenimento del focus attenzionale come elemento funzionale all’esclusione dalla consapevolezza di stimoli sensoriali e corporei.
Meditazione di monitoraggio aperto
Sono stati riscontrati cinque cluster di attivazione significativi nelle meditazioni di monitoraggio aperto, che sono associate al reclutamento di regioni coinvolte nella regolazione volontaria del pensiero e dell’azione. Poiché in questo tipo di meditazione si richiede un’attenzione ampia e non giudicante si osserva il reclutamento di aree prefrontali:
Infine, è stata riscontrata una deattivazione del talamo, regione implicata nel filtraggio di segnali sensoriali, consentendo un atteggiamento aperto e ricettivo.
Meditazioni di compassione e amorevolezza
Nelle meditazioni di compassione e amorevolezza la meta-analisi è risultata in tre cluster di attivazione significativi. Importanti evidenze in regioni associate alla consapevolezza di sensazioni corporee e sentimenti, nella creazione di un senso unitario del corpo, nell’empatia (Lamm et al., 2011) e nella percezione del dolore (Grant, 2014):
- Insula anteriore destra (BA 13)
- Solco parieto-occipitale (BA23/32)
- Corteccia somatosensoriale/lobulo parietale anteriore inferiore (BA 2/40)
Risultati convergenti
Sebbene le varie pratiche meditative riportino differenze nelle reti cerebrali sottostanti, è possibile rilevare attivazioni comuni. Queste infatti potrebbero essere alla base di un processo centrale convergente che verte la propria azione sull’induzione di uno stato di rilassamento nonché di regolazione dell’attenzione, promuovendo lo sviluppo di un atteggiamento distaccato dai propri pensieri. Nello specifico, tutte e quattro le categorie riportate nel paragrafo precedente hanno mostrato attivazioni nella corteccia dell’insula (Fox et al., 2014). Una recente meta-analisi di Young et al. (2018), nella quale si sono messi in relazione 7 studi longitudinali di fMRI basati su protocolli MBCT/MBSR con pratica di otto settimane, ha confermato tale ipotesi osservando infatti un aumento dell’attività dell’insula nei soggetti meditatori rispetto al gruppo di controllo. Evidenze empiriche hanno inoltre consentito di individuare una possibile suddivisione anatomo-funzionale di quest’area in tre parti (Chang et al., 2013). La porzione posteriore sembra essere coinvolta nell’interocezione (monitoraggio e consapevolezza degli stati interni) (Farb et al., 2013), la parte anteriore ventrale nell’empatia, affettività e chemiosensorialità (Lamm et al., 2011), mentre l’insula anteriore dorsale sembra importante per la metacognizione (Fleming & Dolan, 2012).
Tornando alla meta-analisi di Fox et al. (2016), si è inoltre riscontrata un’attivazione significativa della corteccia premotoria e dell’area motoria supplementare in tutte le categorie ad eccezione della meditazione di compassione e amorevolezza. Parallelamente altri studi fMRI hanno mostrano l’attivazione di queste regioni in compiti come la memoria di lavoro (Fiez et al., 1996), controllo dell’attenzione (Hopfinger et al., 2000), mental imagery (Mellet et al., 1996) e ragionamento concettuale (Rao et al., 1997).
Ipotizzando la presenza di una rete corticale di base per la meditazione Sperduti et al. (2012), hanno voluto verificare se ci siano o meno attivazioni coerenti tra lavori che hanno analizzato tecniche meditative differenti. Si sono messi a confronto 10 studi (8 fMRI, 1 PET e 1 SPECT) per un totale di 91 soggetti. Sono state riportate attivazioni significative nella corteccia entorinale sinistra, nel nucleo caudato sinistro e nella corteccia prefrontale mediale.
Più precisamente, si può osservare come la corteccia entorinale, che fa parte del giro paraippocampale anteriore, sia coinvolta nella regolazione emotiva, nei processi di codifica della memoria dichiarativa a lungo termine (Schacter & Wagner, 1999) e recupero di informazioni spaziali, memoria autobiografica (Moscovitch et al., 2005) e memoria prospettica (Viard et al., 2011). In particolare, la parte anteriore del giro paraippocampale sembra importante per le funzioni di monitoraggio. Si potrebbe quindi ipotizzare che nella meditazione questa regione possa giocare un ruolo fondamentale nel monitorare il flusso di pensieri e nella valutazione della loro rilevanza, definendo una maggiore consapevolezza.
Il nucleo caudato sinistro, regione inserita tra i gangli della base, è storicamente implicato nel controllo motorio, ma anche nell’apprendimento e nella memoria procedurale (Seger, 2006), in funzioni emotive e cognitive (Monk, 2008; Rao et al., 1997), in processi attenzionali e di inibizione della risposta (Aron & Poldrack, 2005). Potrebbe avere un ruolo funzionale nell’attuazione di un comportamento di controllo (Graybiel, 2005), esattamente in linea con le esigenze dello stato meditativo dove si richiede una ridotta attività verso stimoli irrilevanti.
Infine, la corteccia prefrontale mediale (MPFC), anch’essa risultata significativamente attivata, è associata a processi autoreferenziali, ovvero quei processi riguardanti stimoli che vengono vissuti come fortemente correlati al proprio sé (van der Meer et al., 2010). Tale regione fa parte del Default Mode Network (discusso in seguito) (Raichle et al., 2001) e una delle sue funzioni principali è proprio quella dell’introspezione. La MPFC potrebbe essere coinvolta in forme pre-riflessive di auto-rappresentazione implicita (Esslen et al., 2008) e di pensiero, che si verificano prima della riflessione o del pensiero razionale, ma non sembra essere responsabile dell’esecuzione di compiti cognitivi impegnativi.
Dott. Davide Bertelloni
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