
Neurobiologia vegetale e coscienza: le piante hanno una vita sociale?
Le piante hanno coscienza? O meglio, sono in grado di rispondere all’ambiente circostante e di essere meta-consapevoli della propria essenza? È opinione comune credere che le piante non siano in grado di sentire il mondo in torno a loro. Tanto che nella classificazione dei disturbi di coscienza si usa dire “stato vegetativo” per indicare quelle persone che non sono in grado di rispondere all’ambiente circostante. Tuttavia, sono molte le evidenze scientifiche che dimostrano le straordinarie capacità sensoriali che hanno le piante. Infondo la struttura biologica che le compone è esattamente uguale a quella dell’uomo. Sia l’uomo che le piante infatti sono formati da cellule, le quali, in costante interazione tra loro, formano organismi viventi con forme e funzioni diverse ma struttura micro e macrobiologica uguale.
Se consideriamo l’evoluzione della coscienza nell’uomo e poniamo che non sia presente nelle piante, è necessario domandarsi in che momento dell’evoluzione essa sia nata. Secondo le moderne neuroscienze il concetto di connettoma, e quindi di massima integrazione e massima segregazione, sembra porre un punto di partenza per rispondere coerentemente a tale quesito. Tuttavia, non ci fornisce la possibilità di definire quantitativamente e anatomicamente quali strutture neurali sono necessarie per la formazione della coscienza, e in che punto esatto dell’evoluzione sia comparsa. Forse il vero problema è insito nella stessa definizione del concetto di coscienza, o meglio in una definizione che la nostra consapevolezza soggettiva si è auto-definita e quindi limitante per natura. Se noi usiamo il nostro cervello per definire la nostra coscienza, ma siamo all’oscuro dei suoi meccanismi, creiamo una definizione viziata dal nostro stesso essere e diveniamo meta-consapevoli di un qualcosa che non possiamo auto-quantificarci. Per questo le piante, con un loro apparato cellulare e un loro sistema connettomico, potrebbero avere una coscienza del tutto differente dalla nostra ma non per questo più semplice o rudimentale.
Forse non riusciamo a comprendere la presenza di coscienza in altri organismi viventi perché essi hanno un sistema neurale che si è evoluto in modo differente dal nostro e per questo non accessibile? Secondo Nagel per ogni creatura conscia (pipistrelli inclusi) c’è il “com’è essere” quella creatura per quella creatura e non è possibile immaginare come sarebbe avere esperienze consce per un soggetto diverso da noi stessi, perché ogni fenomeno soggettivo è essenzialmente connesso con un punto di vista singolo che nessun punto di vista fisico è in grado di adottare.
Se postuliamo che gli stati consci sono caratterizzati da tre proprietà:
1. Qualitatività (com’è essere quell’organismo)
2. Soggettività (esiste solo se vissuta da un organismo, vale a dire che ha un’ontologia in prima persona)
3. Unità (le esperienze si verificano all’interno di un campo unificato consapevole)
Allora potremmo affermare che anche le piante potrebbero avere una propria coscienza.
Infine, ritornando alla nostra soggettiva definizione di coscienza, siamo sicuri che le piante non abbiano una vita sociale? Che non interagiscano tra di loro e che non abbiano cure parentali? Che non si muovano consapevolmente e che non si adattino intelligentemente all’ambiente che le ospita? Per rispondere a queste domande vi proponiamo un’eccellente conferenza del Prof. Stefano Mancuso, fisiologo vegetale e direttore del laboratorio internazionale di Neurobiologia vegetale dell’università di Firenze, tenutasi alla Festa di Scienza e Filosofia a Palazzo Lezi Marchetti (Foligno) il 12 aprile 2014.
Dott. Davide Bertelloni
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