
Praticare la meditazione per otto settimane cambia il cervello?
Lo studio degli effetti delle pratiche di meditazione sulla morfologia cerebrale incontra un’ampia varietà di risultati che però spesso risultano superficiali e poco significativi, per questo è necessario convergere i dati per mezzo di elaborazioni meta-analitiche e ipotesi funzionali. Ad oggi è necessario indagare in modo più approfondito quanto tali modificazioni riscontrate siano coerenti e replicabili in studi futuri, delineandone gli elementi distintivi, micro e macrostrutturali, e definendone “dimensioni” e differenze. È necessario notare come esigenze economiche e sociali vertano sempre di più su protocolli di intervento brevi e mirati. Non è un caso che uno dei campi di maggior interesse nella moderna letteratura punta proprio allo studio della tempistica sufficiente per indurre cambiamenti neuroplastici (Hölzel et al., 2011; Tang et al., 2010, 2012)
Studi recenti hanno messo a confronto interventi a breve e lungo termine. Per protocolli a breve termine ci si riferisce a praticanti novizi sottoposti ad un breve trattamento di meditazione mediamente compreso tra le 5 e le 60 ore, mentre per interventi a lungo termine si considerano esperti di meditazione con alle spalle anni di esperienza meditativa. Si è quindi potuto osservare come poche ore di addestramento possano comportare cambiamenti strutturali precoci che persistono in seguito alla conclusione del periodo di training. Questi dati confermano una sostanziale sovrapposizione tra interventi a breve e lungo termine. Ne potremmo dedurre che la dimensione dell’effetto tenderà a ridursi in seguito all’aumento del tempo in cui i partecipanti sono stati sottoposti alla pratica meditativa. Fox et al. (2014) hanno riportato infatti una correlazione negativa tra l’esperienza e l’effetto, ovvero all’aumentare del tempo dedicato alla pratica meditativa l’effetto diminuisce. Questo apparente declino può essere però giustificato osservando l’età media dei meditatori esperti sottoposti allo studio, che è decisamente più alta rispetto ai gruppi sperimentali con trattamento a breve termine. È stato quindi ipotizzato che in questi soggetti all’effetto della meditazione si aggiunga un decadimento cognitivo fisiologico, accompagnato da possibili variazioni fisiologiche della sostanza bianca e della sostanza grigia legate all’invecchiamento, con conseguente riduzione delle dimensioni dell’effetto. Tuttavia, poche ore di pratica sono sufficienti per poter osservare cambiamenti nella struttura cerebrale. Un recente studio di Sagi et al. (2012), ha voluto mettere in evidenza il concetto di plasticità sinaptica, scoprendo infatti che un semplice task di apprendimento spaziale per una durata di due ore è sufficiente per rilevare modificazioni nella microstruttura della sostanza bianca, sia negli esseri umani che nei ratti. Inoltre, altri studi testimoniano la presenza di modificazioni morfologiche in seguito a brevi addestramenti inerenti alla working memory (Takeuchi et al., 2011) e alla capacità di ragionamento (Mackey et al., 2012). Tali evidenze avvalorano la presenza di un meccanismo d’azione rapido sottostante la meditazione, che sarebbe la causa delle modificazioni riportate.
Infine, è necessario chiedersi se tali cambiamenti a breve termine siano persistenti o transitori in assenza di un addestramento continuo. Attualmente sono ancora pochi i lavori in questo ambito. Studi longitudinali e di follow-up a lungo termine ci consentiranno di poter definire se le differenze morfologiche persistono in assenza della pratica e parallelamente se esiste un tetto oltre il quale non possono essere indotte ulteriori modifiche strutturali.
Dott. Davide Bertelloni
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