
Tecniche di visualizzazione cerebrale: le potenzialità del neuroimaging
Per oltre un secolo i metodi neuroscientifici predominanti per lo studio dell’anatomia e della fisiologia del sistema nervoso vertevano sull’analisi comportamentale di pazienti cerebrolesi e su lesioni cerebrali indagate tramite esami post mortem, oltre a metodiche di tipo invasivo. Con lo sviluppo di modelli teorico-pratici e l’avanzamento tecnologico sono nati numerosi strumenti di neuroimaging i quali consentono di poter osservare, sia a livello strutturale che funzionale, il substrato neurale del cervello. Essi ci forniscono immagini dettagliate, con alta risoluzione spaziale e temporale, e si sono rilevati estremamente utili in ambito clinico e di ricerca. Tra le metodiche più diffuse troviamo: Elettroencefalografia multicanale (EEG), Magnetoencefalografia (MEG), Tomografia ad emissione di positroni (PET), Tomografia ad emissione di un singolo fotone (SPECT), Risonanza magnetica funzionale (fMRI) e Spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso (fNIRS) (Aguirre, 2014). Di seguito si fornisce un piccolo approfondimento.
Elettroencefalografia multicanale (EEG)
L’era moderna della misurazione non invasiva dell’attività cerebrale umana iniziò negli anni ’20 con lo sviluppo dell’Elettroencefalogramma (EEG) ideato da Berger. Tale sistema di registrazione punta alla misurazione della attività elettrica prodotta dal cervello, tramite l’applicazione di elettrodi posti sullo scalpo. Questi rilevano i campi elettrici generati dall’attività neuronale sottostante. Lo sviluppo di tale tecnica ha quindi consentito di scoprire come l’attività ritmica della corteccia cerebrale sia caratterizzata da frequenze tipiche, diverse tra i vari stati comportamentali come veglia e sonno, definendo un interessante ponte di connessione tra funzioni psicologiche e neurofisiologiche (Kennett, 2012). Ad oggi l’EEG, sebbene abbia una risoluzione spaziale limitata, viene impiegato in ambito clinico principalmente per la diagnosi di disturbi convulsivi come l’epilessia, per l’accertamento della morte cerebrale e per studi sul sonno. Inoltre, si è rivelato un utile strumento d’interfaccia cervello-computer (Brain-Computer Interface, BCI) (Huster, Mokom, Enriquez-Geppert, & Herrmann, 2014).
Magnetoencefalografia (MEG)
La Magnetoencefalografia (MEG) permette di rilevare le perturbazioni dell’attività cerebrale tramite la registrazione di campi magnetici generati da correnti che hanno una componente orientata tangenzialmente allo scalpo. Per mezzo di dispositivi superconduttori estremamente sensibili (SQUIDs) la MEG restituisce informazioni dirette e in tempo reale sulla dinamica dell’attività neurale. In questo modo è possibile seguire l’evoluzione temporale degli eventi senza subire significative distorsioni dovute al volume conduttore dei vari tessuti. Nel tempo si è rivelata uno strumento utile per l’identificazione e localizzazione dei generatori dell’attività epilettica e il mappaggio di zone “eloquenti” rispetto a lesioni, offrendo informazioni complementari a strumenti di risonanza magnetica funzionale (Proudfoot, Woolrich, Nobre, & Turner, 2014).
Tomografia ad emissione di positroni (PET) e Tomografia ad emissione di un singolo fotone (SPECT)
La Tomografia ad emissione di positroni (PET) è invece una tecnica di medicina nucleare che consente la produzione di bioimmagini basate sulla misurazione del metabolismo cellulare. Il suo meccanismo d’azione si fonda sull’assunto che l’attivazione di una specifica area cerebrale, legata per esempio ad una determinata funzione cognitiva, comporti un coerente aumento della richiesta e dell’apporto di substrati metabolici. Su questi presupposti si somministrano al soggetto tracciati marcati con sostanze radioattive che, entrando nel circolo sanguigno, possono essere localizzate da uno scanner tramite appositi rilevatori secondo il principio chiamato “rilevamento per coincidenza”, restituendoci quindi immagini dettagliate del substrato cerebrale. È molto impiegata nella diagnosi di demenza ed in ambito oncologico per il monitoraggio dell’andamento della malattia (Beadsmoore, Newman, MacIver, & Pawaroo, 2015), aiutando le decisioni terapeutiche e fornendo importanti informazioni prognostiche.
Parallelamente alla PET, anche la Tomografia ad emissione di singolo fotone (SPECT) sfrutta l’azione di un composto marcato iniettato nel flusso sanguigno. Tale tecnica è molto semplice e meno costosa rispetto alla PET, ma di contro offre immagini qualitativamente meno accurate e con minor risoluzione spaziale. La SPECT è uno strumento che, tra le sue svariate applicazioni, permette l’indagine della presenza di parkinsonismi e/o di processi neurodegenerativi precedentemente rilevati da altri esami clinici e diagnostici.
Risonanza magnetica funzionale (fMRI)
La nascita della risonanza magnetica funzionale (fMRI) risale al 1990 e ci ha permesso di studiare le variazioni temporali del metabolismo cellulare in aree cerebrali target. Oggi è divenuta il metodo preminente per la misurazione non invasiva dell’attività del cervello, dal momento che offre una risoluzione spaziale relativamente elevata anche se con una più limitata risoluzione temporale.
Tutta l’attività dei neuroni, tra cui la formazione e propagazione di potenziali d’azione e il rilascio di neurotrasmettitori attraverso il gap sinaptico, richiede un apporto energetico tramite Adenosina trifosfato (ATP). Tale nucleotide viene prodotto dall’ossigenazione glicolitica del glucosio stabilendo un equilibrio nel metabolismo cellulare. L’aumento del fabbisogno energetico locale comporta quindi l’up-regulation di ossigeno con conseguente dilatazione dei vasi sanguigni. Sono questi i processi biologici che la risonanza magnetica registra, permettendo di rilevare l’attività neurale attraverso l’aumento del flusso sanguigno cerebrale locale (CBF) e le variazioni nella concentrazione di ossigeno (tecnica Blood oxygenation level dependent – BOLD). Più precisamente, la molecola trasportatrice dell’ossigeno è l’emoglobina (Hb). In uno stato inattivo, le cellule nervose prelevano dal versante ematico una certa quantità di ossigeno dall’emoglobina ossigenata (ossiemoglobina, HbO2), che a sua volta diviene emoglobina deossigenata (deossiemoglobina, Hbr). Quindi, nello stato attivo, i neuroni richiedono una maggior quantità di ossigeno e questo può essere osservato riscontrando un aumento della concentrazione di ossiemoglobina. Inoltre, ossiemoglobina e deossiemoglobina hanno proprietà magnetiche differenti, la prima infatti è diamagnetica mentre la seconda paramagnetica. Questi parametri ci consentono di comprendere le variazioni dell’intensità dell’immagine MRI, fornendo scansioni anatomiche ad alta risoluzione.
La fMRI è una tecnica non invasiva, molto usata sia in ambito di ricerca sia in ambito clinico, proprio per la sua facilità di impiego. A seconda delle aree cerebrali o dei substrati funzionali dei comportamenti che si vogliono studiare, è possibile presentare e manipolare sperimentalmente alcuni stimoli atti ad elicitare una specifica risposta neuronale (Glover, 2011). L’interesse delle neuroscienze cognitive in merito alla fMRI verte infatti sulla possibilità di prevedere e classificare il comportamento cognitivo (Martínez-Ramón, Koltchinskii, Heileman, & Posse, 2006). In ambito clinico, invece, l’impiego della fMRI è utile per la definizione di biomarcatori specifici per alcune patologie e per il monitoraggio di modificazioni comportamentali.
Per concludere, è doveroso sottolineare l’applicazione di fMRI nello studio dei disordini di coscienza, che permette di distinguere soggetti in stato vegetativo da quelli in minima coscienza (valutando correttamente anche pazienti con sindrome locked-in), divenendo quindi un utile supporto alla classica diagnosi clinica (Rossi & Carboncini, 2015).
Spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso (fNIRS)
La spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso (fNIRS) è una tecnica innovativa che sfrutta la regione del vicino infrarosso per misurare le variazioni di ossigenazione sanguigna associate all’attività cerebrale. Monitorando le concentrazioni di sostanze cromofore presenti nei fluidi corporei, come ossi-emoglobina, deossi-emoglobina e citocromo-ossidasi, sfrutta il loro diverso comportamento di assorbimento in presenza di impulsi elettromagnetici di specifiche lunghezze d’onda nella banda del vicino infrarosso (circa 650-1000 nm).
È uno strumento molto promettente nello studio di neonati e bambini, visto il suo carattere non invasivo, ma anche di pazienti anziani con disturbi neurologici. Per mezzo di apparecchiature trasportabili e confortevoli consente di eseguire l’esame al letto del paziente, divenendo un’affascinante sfida nel futuro delle tecniche di mappaggio funzionale del cervello umano (Sood, McLaughlin, & Cortez, 2015).
Bibliografia
Aguirre, G. K. (2014). Functional neuroimaging: technical, logical, and social perspectives. The Hastings Center Report, Spec No, S8-18.
Beadsmoore, C., Newman, D., MacIver, D., & Pawaroo, D. (2015). Positron Emission Tomography Computed Tomography: A Guide for the General Radiologist. Canadian Association of Radiologists Journal = Journal l’Association Canadienne Des Radiologistes, 66, 332–347.
Glover, G. H. (2011). Overview of functional magnetic resonance imaging. Neurosurgery Clinics of North America, 22, 133–139, vii.
Huster, R. J., Mokom, Z. N., Enriquez-Geppert, S., & Herrmann, C. S. (2014). Brain-computer interfaces for EEG neurofeedback: peculiarities and solutions. International Journal of Psychophysiology: Official Journal of the International Organization of Psychophysiology, 91, 36–45.
Kennett, R. (2012). Modern electroencephalography. Journal of Neurology, 259, 783–789.
Martínez-Ramón, M., Koltchinskii, V., Heileman, G. L., & Posse, S. (2006). fMRI pattern classification using neuroanatomically constrained boosting. NeuroImage, 31, 1129–1141.
Proudfoot, M., Woolrich, M. W., Nobre, A. C., & Turner, M. R. (2014). Magnetoencephalography. Practical Neurology, 14, 336–343.
Rossi, B., & Carboncini, M. C. (2015). Il teatro della coscienza: autori, attori, spettatori (Vol. Capitolo 5: Luci e ombre delle neuroimmagini nella valutazione dei disordini di coscienza). San Giuliano Terme: Felici.
Sood, B. G., McLaughlin, K., & Cortez, J. (2015). Near-infrared spectroscopy: applications in neonates. Seminars in Fetal & Neonatal Medicine, 20, 164–172.
Dott. Davide Bertelloni
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